Leonardo

Fascicolo 10


David Edström
di Giuliano il Sofista (Giuseppe Prezzolini)
pp. 11-12


p. 11


p. 12


   (1)Io sarei quasi tentato di fare di David Edström il modello vivente di Rubek e di vedere nell'opera sua un commento fantastico all'opera letteraria di E. Ibsen compatriotta suo per razza, fratello per spirito: ambedue, infatti, procedono da Shakespeare. David Edström, barbaro artista, dalla figura massiccia, e dagli occhi azzurri ed ingenui, ha nelle mani la scienza del male e la visione del peccato; e come una potenza maligna rivelatrice, egli scopre sotto il volto degli uomini i musi delle bestie. I nasi si fanno adunchi come becchi rapaci, le unghie si aguzzano come artigli da preda, i menti si allungano in bazze animali, i denti sporgono come zanne; i corpi non si nascondono, non si velano, non si trattengono, ma contorti e frementi si cercano, si avvinghiano, si irrigidiscono, si concedono. Le sue figure migliori stanno fra il simbolo e la caricatura; hanno l'universale del primo e la personalità della seconda; sono idee e sono individui, esortazioni e visioni, massime ed immagini. Ma David Edström non è uno scultore di idee, nè vuole tradurre una filosofia in opere d'arte; non è uno scultore di corpi, come i Greci, perchè, come settentrionale non vede il corpo bello, sano, nutrito dal sole e dal sangue ricco; egli è uno scultore di passioni, di quello che è in noi più profondo e più confuso, più violento e terribile, più raro e più bestiale. Egli è veramente originale quando figura gli aspetti che al corpo danno la paura, la miseria, l'orgoglio, l'invidia, e il desiderio sessuale. E uno scultore diabolico: il suo diavolo dell'orgoglio se ne va otre ambulante di grasso, tronfio e sprezzante e cornuto; il diavolo dell'invidia magro, lacerato dalle sue mani, scaltro e lento, cammina lungo un muro meditando insidie, armato di pugnale; il diavolo della paura è povero di corpo, secco, fatto di stecchi, rattrappito come per celarsi, con le sue quattro ossa, la vista del nemico; il diavolo della libidine accoccolato per terra, si carezza la coda, e sorride del riso lascivo di un mandrillo eccitato.
   Per un italiano, dalla intelligenza agile e dalla sveglia curiosità, le sculture di David Edström sono una buona compnia fantastica, un viaggio senza fatica e senza spesa nei paesi e nelle anime del Nord; ma non certo una lezione di energia calma, di serenità vitale, di esistenza latina, e di riso leggero. David Edström non è un filosofo; ma è un pessimista; e pur nei ritratti, in certi specialmente, è facile ritrovare un ironia dolorosa, fatta di coscienza nordica e di morale biblica, quella che affligge costantemente anche i grandi ingegni nati di là dalle Alpi, fuori della, nostra razza, lontano dai nostri esempi, privi della filosofia che ci insegnano il sole latino, le novelle italiane, e la chiesa cattolica, romana, non cristiana.

(1)Seguiranno a questo altri ritratti di COSTETTI, GHIGLIA, KAROLIS, SPADINI, ZOIR, ecc,.


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